Non preoccuparti, mi sto solo interrogando sulla mia esistenza

Quando ho scelto ‘No Surprises’ per tornare ad avere voglia di scrivere qualcosa, ho iniziato a cercare online: che cosa fa al corpo il monossido di carbonio, cosa si sente prima della perdita di coscienza, perché non bisogna romanticizzare il suicidio, si può morire senza sentire dolore

Dopo qualche minuto, il motore di ricerca ha smesso di essere neutro. Ha cominciato a preoccuparsi per me.

Mi ha chiesto se stessi bene, mi ha proposto numeri da chiamare, chat d’aiuto, link per non restare sola. E io avrei voluto rispondergli: tranquilli, non preoccupatevi, sto solo cercando di capire cosa significa desiderare una vita senza allarmi e senza sorprese.

Su YouTube, come anche su Reddit, mi piace leggere le infinite interpretazioni personali e soggettive delle canzoni delle persone. La ricerca su No Surprises è quella che più mi ha, come dire, “silenziata”, perché sono finita in un mondo inesplorato che non aspettava altro che risucchiarmi. 

Tra i commenti sotto il video ufficiale e le discussioni, No Surprises diventa una specie di confessionale digitale.

C’è chi scrive:


Nothing hurts more than your favorite person turning into a life lesson.

E chi la descrive così:


This song sounds like despair, no hope left just acceptance. It feels like what it feels like to be absolutely crushed, tears streaming down your face but somehow everything is ok.

Qualcun altro invece:


The song might be depressive but the instrumental behind is like giving you a pat on the shoulders saying ‘Hey, everything is going to be fine.


Poi ci sono commenti che non riesci a leggere senza fermarti un attimo. Persone che raccontano anni di dolore, abbandono, sopravvivenza quotidiana:


I just want things to be normal. I don’t want any more surprises and changes. I want a normal life.

E ancora:


Per me è come fare i conti con l’essere adulto. Vuoi il lavoro, la casa, la stabilità. Poi scopri che è solo una routine che ti svuota piano.

Oppure:


Penso addirittura che la stretta di mano sia una metafora della qualità iperformale del capitalismo. Non è un abbraccio, è un accordo che ti uccide lentamente e silenziosamente, senza sorprese.

In mezzo a tutto questo, non c’è una sola verità. Solo persone che, ascoltando la stessa canzone, hanno provato a tradurre in parole la sensazione di essere schiacciate, ma ancora vive. 

No Surprises è davvero un brano sul suicidio? Forse non è la morte, ma l’esaurimento. Quella stanchezza che si accumula piano, come polvere su una superficie che non pulisci da troppo tempo. Thom Yorke la canta con voce calma, ipnotica, come se volesse cullare un pensiero scomodo fino a farlo diventare sopportabile

Non siamo soli nel sentirci stanchi. Mentre i secondi di No Surprises scorrono, sfreccia la macina del rat race, quella corsa invisibile e infinita che ti fa girare dentro una ruota come topi impazziti senza mai arrivare da nessuna parte. È la vita scandita dal lavoro, la nostra, quella delle scadenze, degli obblighi, quella del ctrl+c ctrl+v per altri tantissimi, lunghissimi anni.

I Radiohead ce la rifilano suonandola con il Glockenspiel, edulcorata con un suono così fragile e puro da sembrare quasi infantile, come un carillon che culla il lento logoramento, una vita piena di lividi che non guariscono: la nostra ninna nanna consolatoria. Dove stiamo andando? Che cosa stiamo rincorrendo? Che cosa stiamo facendo? Tutto per una casa così bella e con un bel giardino, una manciata di pensieri superficiali con vite e relazioni più simili a vampiri che a obiettivi soddisfacenti.

Ricorda, la stretta di mano con il monossido di carbonio non è altro che un compromesso di una pace cercata nei posti sbagliati. Thom fa un lungo respiro per trattenere quanta più aria possibile prima di andare in apnea, è un’immagine che trasmette un senso di claustrofobia e soffocamento tale da farti sentire il bisogno di respirare.

Quando la boccia di vetro si svuota e il suo volto ritorna con un sorriso accennato a respirare, emerge quello che tutti ci rifiutiamo di accettare: nascere non è una nostra scelta, tantomeno essere inseriti in pila in un contesto sociale che ci vuole all’altezza delle sue aspettative, riempiendoci di obblighi e schemi che siamo costretti a seguire. Schiacciati da giudizi e pregiudizi, viviamo la nostra vita in modo sistematico, con aspirazioni e obiettivi che non sono neanche autentici. Indaffarati, distratti, impegnati a riempire la boccia con elementi che non ci rendono felici, abbiamo fatto il patto col diavolo in cambio di una vita così: senza sorprese. 

Ma io non voglio lasciarti così. Probabilmente, se ne stiamo parlando e tu stai leggendo, vuol dire che ci siamo posti delle domande. Ci sono dei periodi della vita in cui alcuni eventi, nel ritmo frenetico dello scorrere del nostro tempo, ci portano a fermarci e a chiederci delle cose. Per me è uno di quelli. Non importa se le domande arrivano tardi o nei momenti più inopportuni. Se le canzoni e la musica devono offrirci qualcosa, anche se in maniera estremamente negativa, alienante e dolorosa, è giusto che sia così: è la nostra occasione per interrogarci.

No Surprises non è una resa, non è neanche la mano che ci salverà dall’annegamento, è la secchiata d’acqua gelida per ricordarti che esisti ancora, nonostante tutto (get me out of here).